Chi vive «secondo la carne» sente la legge di Dio come un peso, anzi come una negazione o comunque una restrizione della propria libertà. Chi, invece, è
animato dall'amore e «cammina secondo lo Spirito» (Gal 5,16) e desidera servire gli altri trova nella legge di Dio la via fondamentale e necessaria per
praticare l'amore liberamente scelto e vissuto. Anzi, egli avverte l'urgenza interiore — una vera e propria «necessità», e non già una costrizione — di non
fermarsi alle esigenze minime della legge, ma di viverle nella loro «pienezza». È un cammino ancora incerto e fragile fin che siamo sulla terra, ma reso
possibile dalla grazia che ci dona di possedere la piena libertà dei figli di Dio (cf Rm 8, 21) e quindi di rispondere nella vita morale alla sublime
vocazione di essere «figli nel Figlio».
Questa vocazione all'amore perfetto non è riservata solo ad una cerchia di persone. L'invito «va', vendi quello che possiedi, dàllo ai poveri» con la
promessa «avrai un tesoro nel cielo»riguarda tutti, perché è una radicalizzazione del comandamento dell'amore del prossimo, come il successivo invito «vieni
e seguimi» è la nuova forma concreta del comandamento dell'amore di Dio. I comandamenti e l'invito di Gesù al giovane ricco sono al servizio di un'unica e
indivisibile carità, che spontaneamente tende alla perfezione, la cui misura è Dio solo: «Siate voi dunque perfetti, come è perfetto il Padre vostro celeste»
(Mt 5,48). Nel Vangelo di Luca Gesù precisa ulteriormente il senso di questa perfezione: «Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro» (Lc
6,36).
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